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Perché viviamo nella videosfera? Appunti per #meetMoses
Per prepararci all’incontro con il guru della media innovation, Moses Znaimer – l’evento è in programma giovedì 18 febbraio al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano – stiamo leggendo il nuovo libro di Simone Arcagni, Visioni digitali. Video, web e nuove tecnologie (I Maverick Einaudi, 2016, pagg. 187, 22 euro). Il testo dello studioso di cinema, media e nuove tecnologie, giornalista, docente dell’Università di Palermo, è un’approfondita ricognizione «nell’universo dell’audiovisivo che ha colonizzato i media digitali e la Rete negli ultimi dieci anni», come scrive lo stesso Arcagni nell’introduzione al volume.
«Le forme che normalmente individuiamo come cinema, televisione, giornalismo, editoria, e che quindi situiamo in campi specifici, ora ai miei occhi non solo tendono a coesistere nello stesso ambiente mediale, ma si incrociano, si intersecano vicendevolmente e si ibridano le une con le altre, in maniere varie, inedite e profonde» continua Arcagni. Temi che Znaimer ben maneggia, visto il suo ruolo di CEO di ZoomerMedia Limited, media company fatta di tv, radio, portali e giornali i cui contenuti sono pensati per coesistere in un flusso di informazione e intrattenimento dedicato agli over 50.
Di seguito riportiamo uno stralcio da Visioni digitali nel quale Arcagni ci spiega cosa vuol dire vivere immersi nella cosiddetta Videosfera.
Videosfera.
Questo sistema descrive bene anche il percorso fatto dal video digitale, che si propone come il contenuto più usato nel web:
Secondo la Cisco il traffico dati crescerà di dieci volte in cinque anni. Previsioni confermate anche da Ericsson, secondo la quale i video varranno la metà di quel traffico soprattutto se si parla si smartphone. Netflix già oggi ha raggiunto la quota del 35 per cento di tutto quel che passa sulle reti telematiche degli Stati Uniti. In Australia, dove il servizio di streaming è stato lanciato il 28 aprile, è al 25 per cento del consumo totale di dati. Intanto in Asia la rete mobile di ultima generazione, l’Lte, sta cominciando ad andare stretta. E pensare che è apparsa per la prima volta nel 2009.
Insomma: la società digitale e connessa ha decisamente incoronato l’audiovisivo come la forma di contenuto principale della comunicazione. Un audiovisivo dalle molteplici facce ovviamente, e dalle molteplici funzioni, che occupa spazi diversi, con generi molto differenti.
Si parla di circa tre miliardi di visualizzazioni di video ogni giorno nel mondo. Secondo il Cisco Visual Networking Index Forecast and Methodology, 2014-2019, nel 2019 il video rappresenterà l’80 per cento dell’intero traffico sulla Rete. Si registra un’evoluzione dei servizi video avanzati, con l’incedere dell’UHD (Ultra high definition), lo spherical video, i video a 360° e le applicazioni video M2M (Machine-to-machine), e tutti i servizi video senza collegamenti con linee terrestri che quindi richiedono una banda sempre maggiore per sostenere il peso della comunicazione. Video sul web e, più nello specifico, sempre più su mobile. Per capire l’importanza del fenomeno vengono in nostro aiuto ancora una volta i dati Cisco, che concordano sul fatto che il video su mobile crescerà del 65 per cento da qui al 2017, mentre l’utilizzo sul web tradizionale dovrebbe avere un incremento del solo 24,9 per cento. Anche se le forme ibride sembrano in grado di cambiare i piani di questa analisi focalizzata su una semplice dicotomia: i sempre più stringenti accordi tra web, mobile e televisione stanno portando a uno scenario nuovo, la nascita di una sorta di piattaforma ipermediale, davvero convergente, in cui i contenuti transitano con semplicità su device molto diversi trasformando sempre più la TV in una smart TV e i mobile devices in micro-smart TV.
Possiamo dire di essere entrati in un sistema della comunicazione che si configura sempre più come una “videosfera” . Dopo la “logosfera” e la “grafosfera” è giunto il periodo della “videosfera”, scrive lo studioso francese Régis Debray nel suo Vita e morte dell’immagine: non siamo più “davanti” alle immagini ma “nelle” immagini. Debray, di questo cambiamento, impresso in particolare dalla “bomba digitale”, offre un’accezione negativa, sulla scia delle analisi di Jean Baudrillard sul ruolo giocato dalle immagini (soprattutto quelle pubblicitarie) in grado di coprire la realtà e il senso delle cose. Ma che ci si schieri tra gli “apocalittici” o gli “integrati”, il punto è che il peso del visivo, e in particolare dell’audiovisivo, è sempre più influente nella comunicazione, anzi dominante. E un ruolo non marginale lo hanno svolto e continuano a svolgerlo le piattaforme: siti, forum e soprattutto social network.
(Credits: Simone Arcagni – Visioni digitali, Einaudi 2016)
La foto in alto è tratta da Flickr – Sebastiaan ter Burg.
Meet the Media Guru è realizzato in partnership con Fastweb, Artemide, Fondazione Fiera Milano, Camera di Commercio di Milano, Comune di Milano, con il patrocinio di Fondazione Cariplo e la collaborazione di Institute without Boundaries | George Brown College – Toronto.