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Roger Malina: il manifesto per un osservatorio aperto
di Roger Malina
Viviamo in un mondo telesorvegliato; sempre più l’ambiente in cui viviamo e noi stessi siamo osservati e monitorati. Proliferano nuovi dispositivi e tecnologie che vengono utilizzate da noi stessi – come ad esempio ai fini dell’osservazione clinica dei nostri corpi – o da altri per osservare e controllare i nostri comportamenti. Questi stessi dispositivi vengono utilizzati anche per osservare l’universo e la terra e ci consentono di comprendere, e persino predire, le dinamiche e i processi in atto.
Il concetto di privacy sta subendo una rapida evoluzione e lo stesso vale per i sistemi che salvaguardano la proprietà intellettuale. Stiamo continuando ad accumulare enormi quantità di dati che concernono non solo tutti i campi dell’attività umana ma anche tutto quanto viene osservato nel mondo. Alcuni dati sono facilmente accessibili; gran parte di essi si trova in archivi non accessibili. Sia la raccolta dei dati che l’accesso ai dati non sono necessariamente caratterizzati da un principio di equità, e sia la raccolta che l’accesso sono strettamente interrelate alle diverse situazioni nelle quali individui e gruppi si collocano all’interno degli spartiacque digitali.
Anche nei paesi sviluppati esistono enormi barriere nell’accesso ai dati raccolti, relativi a noi stessi e all’ambiente in cui viviamo. La ricerca scientifica è confinata all’interno di “ghetti” composti da esperti. Ci sono comunità che producono scienza e comunità che consumano scienza. Governi e organizzazioni commerciali danno continuamente vita, in maniera intenzionale, a nuove barriere che limitano la diffusione dei dati. Siamo adepti di un culto del container, per il quale ci è concesso di godere dei prodotti della ricerca ma non di contribuire alla costruzione di conoscenza o alla comprensione. Oggi gran parte della conoscenza scientifica è gelosamente custodita, tanto quanto lo erano le bibbie medievali, incatenate ai pulpiti e accessibili solamente agli iniziati.
Viviamo in un’epoca pericolosa. L’impatto dell’uomo sull’ecosistema terrestre sta portando a una serie di cambiamenti antropogenici, dai cambiamenti climatici alla trasformazione dell’ecosistema stesso. Viviamo in un’epoca di estinzione delle specie. Il nostro modo di porci in relazione a questi cambiamenti può essere catastrofista o andare in direzione di una trasformazione culturale che ci insegni come gestire il pianeta e mantenere un equilibrio tale da consentire uno sviluppo sostenibile.
Vorrei proporre un nuovo diritto e un nuovo dovere per gli esseri umani:
1. Ognuno di noi ha diritto ai dati che sono stati raccolti su noi stessi e sull’ambiente in cui viviamo
2. Ognuno di noi deve contribuire alla costruzione di conoscenza raccogliendo e interpretando i dati relativi al nostro mondo
Gran parte della raccolta di dati scientifici è sovvenzionata grazie alle tasse. Il pubblico ha il diritto fondamentale di accedere a tutti i dati raccolti grazie a sovvenzionamenti pubblici.
Se vogliamo cambiare la nostra cultura abbastanza in fretta da garantire la transizione a una cultura sostenibile dobbiamo adattarci rapidamente e dobbiamo avere la conoscenza atta a garantire che ciò accada.
Non sto invocando l’avvento di una nuova scienza a carattere amatoriale ma piuttosto di una scienza intima che coinvolga miliardi di persone nello sforzo di comprendere il mondo che ci circonda e il nostro impatto su di esso.
A livello mondiale esistono già alcuni sviluppi incoraggianti in movimenti quali People’s Science e Citizen’s Science. Le comunità hacker e quelle più propense ad agire si stanno appropriando di numerose tecnologie ai fini dell’utilizzo sociale; i media locativi e i telefoni cellulari sono sempre più interfacce con il mondo in grado di rendere disponibili sia applicativi per la salute della persona, sia risorse di conoscenza a livello locale. Le iniziative aperte di innovazione, le reti per l’apprendimento a distanza e altri movimenti per le risorse condivise hanno portato a nuovi metodi di apprendimento e di ricerca nell’era digitale. Numerosi artisti dei movimenti arte-scienza e arte-tecnologia hanno assunto il ruolo di “nuovi Leonardo” e stanno contribuendo alla creazione di un rinascimento trasformazionale che sarà necessario a tutti noi per imparare a governare la navicella terra.
Il diritto ai dati e il dovere di raccoglierli sono parte di questa necessaria trasformazione culturale. Dobbiamo entrare in possesso della conoscenza che noi stessi creiamo.
Per il blog http://www.leoalmanac.org/ facciamo richiesta di esempi di opere realizzate da artisti e scienziati, cittadini e studiosi che fanno parte del crescente movimento per un osservatorio aperto.
Per leggere il Manifesto in lingua originale cliccate qui.