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Health innovation. La salute è patient-centric
Mentre l’epidemia di Coronavirus si diffonde in molti paesi del mondo (è di queste ore la notizia di due casi conclamati a Roma) sembra utile abbozzare un ragionamento (pur rapido) sulla relazione fra salute e digitale da un punto di vista non tecnocentrico. Intendiamoci: l’innovazione tecnologica applicata alla salute sta sviluppando soluzioni all’avanguardia a ritmo vertiginoso. E con beneficio di tutti. Lo fa producendo oggetti, applicativi e infrastrutture che ogni sei mesi vengono superati da un aggiornamento ancora più efficiente, performante e “rivoluzionario”.
Volendo sintetizzare, potremmo dire che le principali tendenze tecnologiche in atto sono:
- Data collection & predictive analysis
Il crescente utilizzo di infrastrutture cloud che raccolgono e analizzano dati di natura medica e/o sanitaria attraverso fonti diffuse e eterogenee per ricostruire quadri clinici completi e stabilire tendenze emergenti. - Internet of things
Lo sviluppo di home monitoring e virtual reality applicata alla telemedicina, telepresenza immersiva per la formazione chirurgica e medica; smart homes per pazienti (autonomi o non autosufficienti); robotica chirurgica e terapeutica. - Wearable devices
Device, software e App per il controllo continuo dei pazienti; coaching e mentoring su funzionalità corporee o legate all’alimentazione; autodiagnostica avanzata.
Preso atto di queste traiettorie tech, proviamo ad indirizzare lo sguardo verso i processi che il digitale ha abilitato “sottotraccia”. Ci riferiamo a modelli e schemi riconducibili alla cosiddetta Intelligenza Collettiva. Nella definizione dell’antropologa Stefana Broadbent – guarda la conferenza di Stefana Broadbent a Meet the Media Guru nel 2016 – è il «processo con cui gruppi ampi di persone mettono in comune il proprio sapere per contribuire alla soluzione di problemi della società (…). La tecnologia ha il compito di rendere visibile l’assemblaggio di informazioni e di sostenere la trasformazione del sapere».
Condivisione, partecipazione e co-creazione sono pilastri – qualcuno direbbe valori – propri della cultura digitale la cui spinta originaria era indirizzata ad una democratizzazione del sapere. Come si traduce questo approccio nell’ambito sanitario meno appariscente e commerciabile? Sono diverse le iniziative attive, schematizzando possiamo suddividerle in due macro-categorie:
- Peer2peer networks
Sviluppo di piattaforme “sociali” fra pari (in larga misura pazienti, ma pure sanitari) per condividere esperienze e percorsi terapeutici e/o sviluppare ricerche scientifiche open source. In alcuni casi questo modello è stato utilizzato anche come supporto da remoto per personale medico e infermieristico. - Patients’ & Pros Academies
Corsi di formazione e iniziative di scambi fra pazienti, medici, industria farmaceutica e ricercatori (on e offline) indirizzati a collaborare nello sviluppo dei farmaci in fasi diverse e da prospettive differenti per arrivare a definire le priorità per lo sviluppo di nuove terapie
Oltre all’evidente progresso offerto dalle tecnologie più avanzate, l’innovazione in campo sanitario porta con sé lo stravolgimento del care delivery classico per andare verso una modalità “dialogica” e inclusiva. Assistiamo a una “democratizzazione della salute”. L’ecosistema health nel suo complesso sta attivando processi di trasformazione inimmaginabili anche solo quindici anni fa, pur con velocità diverse nelle diverse latitudini.
Ad emergere sullo scenario globale è il cosiddetto Patient-Centric Approach.
Con questa perifrasi si intende un modello che potenzia il ruolo del paziente e più genericamente del cittadino nel processo di cura e prevenzione, talvolta anche di ricerca. Quali sono le caratteristiche di questo nuovo schema?