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Batteri, infezione, microrganismi, parassiti. Queste parole popolano le nostre giornate da diversi giorni. E noi, che le pronunciamo o le ascoltiamo, finiamo per pensarle come inequivocabilmente minacciose, temibili, violente.
Ma è davvero così? Considerando che nel nostro corpo i batteri sono più numerosi delle cellule, la risposta dovrebbe essere no perché “loro” siamo “noi”. Eppure la relazione fra la natura e umanità è spesso conflittuale e l’umanità, per sopravvivere, ha dovuto domare gli elementi naturali. Ed è stato fatto: pensiamo alla tecnologia, al design, all’ingegno, alla creatività che ci hanno permesso di plasmare il mondo in cui viviamo per renderlo più vicino ai nostri bisogni, spesso persino in modo indiscriminato.
Al contempo la natura è sempre stata e continua ad essere una fonte inesauribile di stimoli ed emozioni utili a progettare opere d’arte, oggetti e riflessioni sul senso dell’umanità in relazione con l’ambiente che la ospita.
La natura e ogni tipo di “ambiente” artificiale sono destinati ad entrare in collisione? Molti la pensano così e, con l’esplosione della pandemia da Covid-19, il tema è diventato incandescente. Ne è una prova la fake news che vorrebbe il virus creato in un laboratorio cinese di biologia molecolare. Pur senza fondamento, questa bufala ha circolato e molto.
Oggi più che mai c’è bisogno di una riflessione sulla relazione fra natura, scienza e creatività, tema su cui MEET lavora dal 2019 quale Regional S+T+Arts Center europeo, ossia parte del network di organizzazione che lavorano sull’intersezione fra i tre settori.
Per questo MEET propone il Meet the Media Guru Focus online con William Myers, curatore e saggista autore dei volumi-catalogo Biodesign e Bioart, ritenuti due capisaldi della riflessione sull’intersezione fra arte, biologia e design. Partecipa all’incontro con William Myers.
Secondo Myers, la natura è fonte di ispirazione, ma pure valido strumento per chi lavora e progetta con/per le tecnologie digitali. La creatività dei nostri giorni ha trasceso canoni classici come “comfort” e “modernità”, si espansa e ha mutuato caratteristiche intrinseche dalla natura che, citando la bellissima mostra Broken Nature – curata da Paola Antonelli per la XXII Triennale – noi umani abbiamo contribuito a “rompere”.
La pandemia ci obbliga ad immaginare se e come chi fa un lavoro “creativo” dovrà sintetizzare il combinato disposto di questa crisi in termini di progettazione e ibridazione fra saperi.
Chi è dotato di buona memoria ricorderà senz’altro l’appassionante lecture di Koert van Mensvoort a Meet the Media Guru nel 2017. Mensvoort propone(va) una sintesi fra biosfera e tecnosfera attraverso una selezione accurata dell’innovazione utile all’equilibrio dell’intero ecosistema. A questa sintesi ha dato il nome di Next Nature.
Secondo il filosofo neerlandese, non occorre tornare alla natura, ma portare la natura nel futuro con noi. Sembra che stia succedendo da un po’. Ingegneri, architetti, fashion designers lavorano già con materiali vivi, come racconta bene Myers nel suo libro Biodesign. Nature + Science + Creativity. Cellule, batteri, funghi, piante sono ingredienti essenziali ed innovativi per progettare e realizzare l’evoluzione dell’umanità.
Lo diceva anche un grande come Ettore Sottsass: «Se devi insegnare qualcosa sul design, devi insegnare prima di tutto qualcosa sulla vita e devi insistere anche spiegando che la tecnologia è una delle metafore della vita».
Foto in apertura: Flickr | wim hoppenbrouwers