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Lessig: rete, copyright e open government

Riforma del copyright, neutralità della rete e Open Government. Sono i tre capisaldi del Lessig-pensiero: un guru che «non è un populista, ma piace al popolo e non è un estremista, ma il suo modo di pensare è radicale», come è spiegato in questo ritratto/presentazione di Gabriele De Palma, giornalista di Totem (web-partner di Meet The Media Guru).

Per ora lanciamo l’amo: aggiungete pure le vostre impressioni, dubbi e proposte nello spazio dei commenti. Poi ne riparliamo (con Lessig) dopo il suo intervento in Mediateca.

Lessig, la rivoluzione di velluto arriva al Congresso
di Gabriele de Palma

Lawrence Lessig si è dato alla politica, ormai da un paio di anni. Ma a suo modo, al modo cioè di un giurista (insegna ad Harvard e a Stanford) che discute i pilastri del sistema, che cerca di definire il contesto, di acclarare i fondamenti, le regole del gioco. A un certo punto, nel 2008, ha anche pensato a candidarsi per il Congresso (in sostituzione di Tom Lantos, democratico deceduto durante la campagna elettorale), ma ha preferito passare la mano. Almeno per ora.

Dopo tutto, anche quando si era interessato di diritto d’autore, il tema che lo ha reso celebre nel mondo (e un vero maitre-a-penser della rete), aveva un approccio che mirava a chiarire i termini della questione, termini mutati dallo sviluppo di internet e dei formati di compressione digitale. Il suo particolare tipo di attivismo lo ha condotto a inventarsi un nuovo sistema di protezione della proprietà intellettuale, le Creative Commons, più che a organizzare manifestazioni di piazza. Lessig non è un populista, ma piace al popolo e non è un estremista, ma il suo modo di pensare è radicale. Le sue battaglie si articolano su tre fronti specifici: copyright, neutralità della rete, politica.

1) Copyright, Creative Commons e il giusto mezzo
L’esordio nella vita pubblica di Lessig si ha quando, prendendo le difese di un service provider (Eldred) contestò la costituzionalità dell’estensione della tutela del copyright (da 50 a 70 anni dopo la morte dell’autore, nota come Sonny Bono Act) appena approvata dal Congresso. Non capiva Lessig, l’utilità pubblica di un simile provvedimento e l’incostituzionalità presunta era da imputarsi all’infrazione del primo emendamento e alla natura sorprendentemente retroattiva della legge. Eldred perse il caso, ma si era ormai messa in moto la macchina che, guidata da Lessig, originò un sistema di tutela più flessibile e totalmente sotto il controllo degli autori, anziché dell’industria dell’entertainment. E il tema del diritto d’autore, prima riservato agli addetti ai lavori, divenne argomento della pubblica opinione.

2) Network Neutrality
Ormai conquistatosi il rispetto non solo presso gli internauti ma anche presso le istituzioni Usa, Lessig viene chiamato a pronunciarsi al Senato per illustrare, insieme a Vinton Cerf, la questione della neutralità della rete. Un problema di non facile definizione, viste le implicazioni che la tecnologia e l’infrastruttura hanno sulla natura della questione problema. Il nodo era stato sollevato da Edward Whitacre, allora Ceo dell’ex-monopolista telefonico At&t che paventò di far pagare ai produttori di contenuti (Google per esempio) una tassa per fare transitare più velocemente i contenuti.
La testimonianza di Lessig – in linea con quella di Cerf – spiegò che le straordinarie innovazioni cui si è assistito sul web non sarebbero state possibili in presenza di una infrastruttura non neutra, che cioè non trattasse tutte le tipologie di dati allo stesso modo. Insomma, niente Google, niente Hotmail, niente Instant messaging, niente Kazaa o Skype, e addirittura niente www. Tutte realtà nate con pochi mezzi, ai margini della rete e diventate grandi grazie al successo di pubblico. Se avessero dovuto pagare per raggiungere gli utenti, come voleva Whitacre, probabilmente non sarebbero mai cresciute, era il ragionamento di Lessig.

3) Cambia le regole del Congresso
Nel 2007 il cambio di tema, o meglio un tentativo di affrontare un problema che risolverebbe anche i due altri fronti di discussione. Lessig annuncia, tra lo sbigottimento degli internauti di voler abbandonare il copyright, i diritto d’autore e tutti gli annessi e connessi per dedicarsi a riformare il Congresso. Fonda insieme a Joe Trippi (uno dei massimi esperti di comunicazione politica e web e artefice della campagna alle primarie del carneade Howard Dean nel 2004) Change Congress. Lo scopo è smantellare il sistema di finanziamento delle lobby dei membri del Congresso, che sono costretti a passare gran parte del loro tempo a cercare fondi per la rielezione più che per fare il loro lavoro, cioè gli interessi del popolo Usa. L’idea di Lessig è elementare e fondante: il denaro erode la fiducia tra elettore e rappresentante, anche quei politici che prendono decisioni in nome del bene pubblico sono meno credibili se finanziati da gruppi di interesse industriali forti.
Come si contrasta tutto ciò? Con la micro-donazione e il finanziamento pubblico, che libererebbe i rappresentanti dai vincoli dei gruppi di interesse rendendoli realmente indipendenti. È un po’ come la battaglia contro l’alcolismo, spiega Lessig: un alcolista ha problemi fisici, sul lavoro e in famiglia, ma il suo primo problema è l’alcol, se non risolve quello non potrà nemmeno affrontare gli altri. Idem per il Congresso, se le regole consentono una grande influenza dei gruppi più ricchi ogni riforma (copyright, internet ma anche le prescrizioni della Fda sull’alimentazione o le sciagurate politiche sull’ambiente delle ultime amministrazioni Usa) sarà minata dal sospetto dei cittadini e dalla faziosità delle scelte e dei voti dei rappresentanti. Elementare, ragionevole, rivoluzionario.

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