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Giornalismo immersivo: le migliori produzioni 360 e VR

di Nicola Bruno*

Per il seminario “Dentro la realtà. Le nuove frontiere del giornalismo immersivo” ho selezionato alcune delle più interessanti produzioni 360, VR e volumetric reporting, circoscrivendo l’ambito al solo “racconto del reale”. Ovvero, esperienze immersive che spaziano dal documentario all’inchiesta giornalistica, passando per la ricostruzione storica, (escludendo quindi le opere di fiction o puro intrattenimento). Per quanto usino tecnologie molto diverse tra loro, queste produzioni sono legate da un filo rosso: sperimentare nuovi linguaggi e format di storytelling per immergere chi guarda sempre di più “dentro la realtà”.

Andando al di là dell’ormai superata contrapposizione tra “reale e virtuale”, queste produzioni provano a disegnare nuove modalità di racconto del reale, in cui l’immersione non è una conseguenza della tecnologia (visore VR o altro), ma un effetto della dinamiche di narrazione digitale che fanno leva sulla dimensione fisica e percettiva dell’esperienza di fruizione attraverso l’uso dell’audio spazializzato o dell’effetto di first person embodiment

360

1) Clouds over Sidra di Gabo Arora e Chris Milk per l’ONU

Ormai un classico dello storytelling in 360 gradi. Realizzato nel 2014 da Gabo Arora (acclamato regista VR, ospite di Meet the Media Guru nel 2017) e da Chris Milk (altro pioniere dello storytelling in VR). Con delicatezza e rispetto, l’esperienza ci immerge nella vita quotidiana di un campo profughi in Giordania. Per scelta stilistica (ed etica), non c’è nessun embodiment con i protagonisti. Lo spettatore è sempre esterno rispetto al mondo narrativo, a indicare una distanza non solo fisica, ma anche valoriale: non puoi lontanamente capire la loro vita o pensare di identificarti con loro.  

 

 

2) The Displaced del New York Times VR

Nel 2015 il quotidiano della Grande Mela ha distribuito oltre un milione di cardboard per permettere a tutti i propri lettori di avere un’esperienza immersiva su un tema di forte attualità: gli oltre 60 milioni di persone nel mondo che sono displaced, hanno cioè dovuto abbandonare la loro casa per motivi di guerra o altro conflitto. Questo documentario racconta la storia di 3 minori in Ucraina, Libano e Sud Sudan. Momento clou: minuto 5, arrivano gli aiuti umanitari, basta il suono spazializzato a riprodurre un effetto realtà e immersione di forte impatto.

 

 

3) 6×9 di The Guardian

Altra produzione che è ormai diventato un classico. Come ci si sente a vivere per 23 ore al giorno in una cella di massimo isolamento, senza contatto con niente e nessuno? Questa produzione punta tutto sulla first person embodiment, per farci provare a livello fisico e percettivo un’esperienza di pura claustrofobia.

 

4) Grenfell Tower: VR Documentary di Channel 4

L’esperienza immersiva può essere di forte impatto anche quando ricostruisce uno spazio che non c’è più. Come nel caso del palazzo alla periferia di Londra, distrutto da un tragico incendio nel 2017 in cui persero la vita 72 persone. Alcuni dei sopravvissuti raccontano la loro vita nel grattacielo, immersi nei rendering in CGI e 360 gradi dei loro appartamenti ormai distrutti.

 

VR 

5) Across the line di Nonny de la Peña

Da una delle pioniere dello storytelling VR, un’opera che fa vivere sulla propria pelle lo stigma sociale e psicologico di chi prova ad avere un’interruzione di gravidanza legale negli Stati Uniti. Ottimo esempio di come il focus della progettazione VR non debba essere l’obiettivo della camera, ma il visitatore impersonificato (embodied visitor). E cioè, l’utente che è progettato come una presenza all’interno dello spazio immersivo: guarda, è vicinissimo alla vittima dello stigma e, in questo modo, riesce anche a comprendere meglio le sue emozioni. 

 

 

6) Anna Frank House VR di Force Field

Imponente produzione immersiva che permette di entrare nella casa di Anna Frank ricostruita per come è descritta nei suoi diari grazie alla CGI. I sensori dell’Oculus permettono di vestire i panni di Anna Frank, passando attraverso le scale che conducevano al suo rifugio, muovendosi nella sua stanza e interagendo con gli oggetti sparsi sulle pareti o sulla scrivania. Originale, emozionante, tecnologicamente superlativo. 

 


7) Traveling While Black del New York Times VR 

Non sempre è necessario esibire i muscoli tecnologici per costruire una storia immersiva di impatto. Ne è un esempio questa produzione del Nytimes che ripercorre le diverse storie originate dal Green Book, la guida annuale per viaggiatori afro-americani che consigliava il modo migliore per non subire soprusi razziali nell’America delle leggi di Jim Crow. Le esperienze del Green Book sono attualizzate con continui rimandi tra il razzismo degli anni ‘50/‘60 e le più recenti battaglie di Black Lives Matter.

Momento da non perdere: 11:32, la toccante intervista con Samaria Rice, madre di Tamir Rice, il ragazzo di 12 anni ucciso a Cleveland il 23/11/2014 perché aveva una pistola giocattolo. Grazie al visore VR, possiamo virtualmente sederci al tavolo con lei che rievoca l’incidente: esperienza potente e indimenticabile. 

 

 

8) Notes on blindness: Into Darkness di Ex Nihilo, ARTE France and AudioGaming

Rilasciata nel 2018 insieme all’omonimo film, questa esperienza VR ci spinge oltre i confini del visibile, facendoci provare “come vede un non vedente”. Un apparente paradosso che questa produzione risolve in maniera poetica: siamo messi nei panni (anzi, negli occhi) di John Hull, lo scrittore che nel 1983 perse completamente la vista e iniziò a raccontare su delle audiocassette questa sua nuova condizione. Lirica e dirompente, questa produzione è un perfetto esempio di cosa può fare oggi la VR: farci scoprire qualsiasi forma di realtà, anche quelle più personali e inaccessibili, attraverso un uso sofisticato dell’audio binaurale e delle animazioni in 3D.

 

Volumetric Reporting

9) The Beirut Port Explosion di Forensics Architecture

Tra le innovazioni più dirompenti – e passate sotto traccia negli ultimi anni – c’è senza dubbio il volumetric reporting. La fotogrammetria permette di catturare una scena in 3D e di rivederla dopo per scopi di inchiesta o per metterla a disposizione dei lettori per una navigazione esplorativa. 

Tra i più bravi al mondo a praticare il volumetric reporting ci sono senza dubbio i Forensics Architecture, collettivo inglese che riunisce ricercatori, architetti, esperti di OSINT (open source intelligence), computational designer ed esperti di AI. Attraverso un mix di tecnologia, ricerca avanzata e storytelling in 3D, le loro inchieste riescono a spiegare in maniera documentata e visivamente sofisticata alcuni dei più complessi eventi di attualità recente. 

 

 

10) Il crollo del Ponte Morandi di New York Times R&D team

Non è facile raccontare e spiegare come è potuto accadere il crollo del Ponte Morandi di Genova. Questo longform del New York Times in formato scrollytelling ci riesce in maniera chiara ed efficace, anche grazie al rendering 3D che ricostruisce nei minimi dettagli tutte le criticità – strutturali e non solo – che hanno portato al tragico incidente. Ottimo esempio di come “immersivo” non sia per forza sinonimo di tecnologia VR e 360. 

Foto in apertura: Across the Line di Nonny de la Peña


*Nicola Bruno​

Giornalista ed esperto di cultura digitale, è tra i co-fondatori di Effecinque, agenzia che sviluppa formati innovativi per l’informazione online. È Head of Product a Dataninja dove si occupa dei prodotti di media e data literacy. È docente di Visual Storytelling all’Università degli Studi di Modena e Reggio EmiliaFa parte del Sounding Committee di Meet Digital Culture Center, con cui collabora da anni per progetti di digital storytelling e strategia di comunicazione. È stato un Journalist Fellow al Reuters Institute for the Study of Journalism dell’Università di OxfordInsieme a Raffaele Mastrolonardo ha scritto “La Scimmia che Vinse il Pulitzer. Storie, avventure e (buone) notizie dal futuro dell’informazione” (Bruno Mondadori).

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