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Lawrence Lessig: espandiamo le nostre idee
Cari Guristi, sempre più gli incontri con i personaggi chiave della cultura digitale di Meet the Media Guru accendono dibattiti e circolazione di idee rispetto ad alcuni temi “caldi” della contemporaneità.
È accaduto con Cory Doctorow, che il 6 marzo non solo ha animato una calorosissima serata, ma ha riportato alla ribalta nel mondo dei blogger nostrani un fervido dibattito lanciando una sorta di “movimento per la liberazione del free web in Italia”: il futuro etico e legale del digitale, il diritto a una libera circolazione delle informazioni, il libero accesso al sapere, i rischi di un’informazione controllata dalle lobby economiche, il potenziale della rivoluzione tecnologica e del web, le potenzialità democratiche della rete. Tradotto (parzialmente): vizi e virtù del copyright.
Una riflessione che Meet the Media Guru continua il 27 marzo con Lawrence Lessig, economista, filosofo, scrittore, fondatore dei Creative Commons e collaboratore di Obama, lanciato in una campagna in favore di una politica partecipata e trasparente, ma anche e soprattutto il più grande esperto mondiale di diritto di rete: un punto caldissimo connesso alla rivoluzione digitale e alla ricerca di nuovi argini legali, compatibili con lo stato di diritto, con le nuove potenzialità della tecnologia, con un nuovo modo di intendere e fare cultura. Per non soffocare la creatività ma favorire la democrazia e il progresso del mondo.
«Se l’Europa vuole mantenere la propria capacità innovativa, in un momento di grande cambiamento tecnologico non può rinchiudersi in logiche industriali tradizionali (e desuete, ndr),» – posta il Guru Cory su Boing Boing e ripete a Milano. Pena: l’inibizione della creatività digitale. «Se la legge sul copyright, cinicamente, prende avvio da questo principio, la pirateria diventa un’opzione facile». Da qui l’appello al Parlamento Europeo e ai singoli governi dell’unione a riconsiderare attentamente la recente direttiva orientata a estendere i termini del copyright per la musica.
Ma i confini sono molto più ampi, e dalla musica all’editoria il passo è breve. Alla domanda di un commento sulla crisi dell’editoria Cory ha risposto in modo lapidario: «anni fa il New York Times ha perso il treno del cambiamento, ora probabilmente è perso per sempre». Ma intanto si delineano altre strade.
È di Stefano Salis un articolo apparso l’8 marzo sul domenicale de Il Sole 24 Ore dal titolo Futuro Digitale per i libri?, che traccia uno scenario dove l’iniziativa individuale prima agisce, e solo poi fa i conti con la legge. E riporta lo spiazzante annuncio di Google che, dopo avere scannerizzato 7 milioni di titoli, ha investito 7 milioni di dollari in pubblicità legale sui giornali per dire che 125 milioni di dollari sono disponibili per pagare i diritti ad autori ed editori. «Più che una sanatoria un ricatto», sostiene Salis, «Google grazie a questo concordato obbliga gli editori tradizionali a prendere atto di ciò che è già fatto. E Google continuerà a digitalizzare tutti i libri che vorrà».
QUESTION TIME
E chi non può contare sulle risorse di un colosso come Google?
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