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Bookmark! Siamo tutti sorvegliati?
In questa edizione di Bookmark! ci focalizziamo su PRISM e lo scandalo del monitoraggio delle telefonate e del traffico Internet gestito dalla National Security Agency statunitense. Un caso che va a toccare molti dei temi cari a MtMG, come la privacy e la sorveglianza online, l’uso dei Big Data, le potenzialità (e i rischi) dell’e-democracy.
#Sorveglianza
Tutto è cominciato nel 2001, dopo l’attacco alle Torri Gemelle, con l’emissione del Patriot Act che rafforzava i poteri dei servizi di intelligence a discapito della privacy dei cittadini. E’ stato a questo punto che si è affermato il mito della “sorveglianza di massa” nel nome della lotta al terrorismo. Seppur con nomi e progetti diversi, sia l’amministrazione Bush che quella Obama hanno portato avanti programmi di sorveglianza delle comunicazioni, come ben riassumono le timeline interattive realizzate dal New York Times, ProPublica e l’Electronic Frontiers Foundation.
Credits: New York Times
Quanto basta perché, come scrive Henry Porter su The Guardian, anche l’Occidente che ha inventato la rete aperta e libera si stia lentamente muovendo verso un modello totalitario di controllo:
The west is moving towards China in its quest for mass surveillance. The future of our free society demands that we seek the truth from the government about internet snooping.
#Privacy/Sicurezza
Rilasciata da Barack Obama a margine di una conferenza stampa sulla riforma sanitaria, si tratta senza dubbio di una dichiarazione destinata a lasciare il segno:
“Non puoi avere il 100% di sicurezza unito al 100% di privacy. Come società siamo chiamati a fare delle scelte”
Per la prima volta un capo di stato ha fatto intendere senza mezzi termini che la sicurezza nazionale ha la precedenza sulla riservatezza dei cittadini. Una “dottrina” che sarà certamente discussa e criticata a lungo, anche perché arriva da un Presidente che da Senatore si è battuto per difendere le libertà civili e che invece, come ha spiegato un ex presidente della NSA, ha finito con l’espandere il programma di sorveglianza online:
“In terms of surveillance? [Obama] expanded [the programs] in volume, changed the legal grounding for them a little bit – put it more under congressional authorisation rather than the president’s Article 2 powers – and added a bit more oversight. But in terms of what NSA is doing, there is incredible continuity between the two presidents”.
#Big Data/Big Brother
L’amministrazione Obama è riuscita a potenziare il monitoraggio online anche perché negli ultimi anni si sono notevolmente rafforzate le tecnologia di raccolta e analisi di grandi quantità di informazioni. E’ il paradigma dei Big Data che rischia di trasformare i governi in nuovi Big Brother. Soprattutto in paesi come gli Usa che hanno una lunga tradizione di sorveglianza, come sottolinea Luca De Biase:
Ci si può indignare, dunque. Ma non stupire. Il paese che ha inventato Echelon, il paese che spende la metà delle spese militari del pianeta, il paese che dopo lo shock dell’attacco alle Torri Gemelle ha espanso enormemente il potere dei servizi dedicati alla sicurezza nazionale a scapito dei diritti dei cittadini, diventa logicamente anche il paese nel quale le autorità fanno l’uso più massiccio dei Big Data per svolgere le loro indagini.
Ma al di là dell’indignazione, continua De Biase, bisogna anche lottare perché accanto all’Internet di stato e quella delle grandi compagnie, resti sempre spazio per una rete aperta e decentrata:
Accanto ai grandi poli commerciali dell’attività internettiana (…) occorre che restino in funzione e si sviluppino altre piattaforme, aperte, non proprietarie, più piccole, più controllabili dagli utenti e meno concentrate in enormi data center. (…) Un sistema più decentrato, con un maggior numero di piccole piattaforme e minor potere per i proprietari delle grandi piattaforme è anche un sistema più sicuro per gli utenti.
Boundless Informant, la mappa con le informazioni raccolte dalla NSA in tutto il mondo
(Credits: The Guardian)
#Whistleblower
Ha 29 anni, fino a poche settimane fa viveva alle Hawaii con la fidanzata e guadagnava 200.000 dollari all’anno. Ma ha deciso di mettere a rischio la propria vita per amore della verità. La lunga intervista rilasciata al Guardian da Edward Snowden contiene diversi passaggi interessanti. Non solo perché racconta come è venuto in possesso e ha diffuso i documenti che stanno mettendo in imbarazzo l’amministrazione Obama, ma anche per il coraggio e la lucidità manifestata da Snowden quando dice: “Non puoi sempre aspettare che sia qualcun’altro ad agire”. O ancora:
“I don’t want to live in a society that does these sort of things … I do not want to live in a world where everything I do and say is recorded. That is not something I am willing to support or live under.”
Snowden va così ad aggiungersi a una lunga lista di whistleblower, informatori che hanno stravolto la propria vita pur di far venire a galla la verità. L’elenco contiene personalità come Daniel Ellsberg (Pentagon Papers), Mordechai Vanunu (programma nucleare israeliano), Julian Assange (WikiLeaks).
Guarda l’intervista integrale