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Bookmark! Oltre il co-working, arrivano gli spazi per il co-making
#Hacker
Si chiamano MakerBar, Noisebridge, NYCResistor, Alpha One Labs, Hacktory e sono spazi hacker che stanno comparendo come funghi negli Stati Uniti (la versione italiana potrebbero essere le FabLab presenti in sempre più città).
Mentre prende piede la terza rivoluzione industriale all’insegna della stampa 3D e dell’hardware fai da te, questi luoghi mettono a disposizione non solo gli strumenti hi-tech necessari ai nuovi artigiani digitali, ma anche i metri quadri per poter lavorare insieme agli altri makers. Perché spesso, soprattutto nei contesti urbani, è proprio lo spazio il principale problema: in città come New York e San Francisco, gli affitti sono alle stelle e in pochi possono permettersi un laboratorio. Come ha spiegato il Nytimes, si tratta della versione contemporanea dei garage degli anni ’50. O, se si preferisce, della versione “maker” degli spazi di co-working…
Credits: Nytimes
#Infografica
Mercoldì 8 Maggio Alberto Cairo sarà ospite di Exhibitionist a Milano per un incontro sul tema delle infografiche. Come ricorda la webzine Fast Company, le visualizzazioni grafiche vengono sempre più spesso utilizzate in ambiti extra-giornalistici per la loro efficacia comunicativa. Una riprova arriva dal Congresso degli Stati Uniti dove, durante le recenti discussioni sul budget nazionale, un senatore ha sventolato in aria proprio un’infografica per supportare la propria tesi.
Si trattava di un grafico elaborato dal Congressional Budget Office, ente del Congresso che fa ampio uso di infografche per riassumere la montagna di dati statistici prodotti sul bilancio di stato. Quando dovremo aspettare in Italia per vedere un senatore sventolare un’infografica?
Credits: Fast Company
#Slacktivism
“Fai like sulla nostra pagina Facebook e vaccineremo zero bambini contro il polio”. Così recita la campagna di fund-raising lanciata da Unicef Svezia che prende di mira il così detto attivismo da click di cui parla spesso lo studioso Evgeny Morozov: firmare petizioni, fare retweet e cliccare su “Mi piace”, può aiutare a aumentare la consapevolezza sui problemi contro cui lotta l’organizzazione dell’ONU, ma di certo non basta a sconfiggerli. Ecco il poster e un video della campagna.
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#Donne
Minacce, insulti, hate-speech. La violenza contro le donne passa sempre più di frequente anche dal web. A sollevare il velo su un tema spesso rimosso dal dibattito è stata la presidente della Camera Laura Boldrini, con un’intervista a La Repubblica che ha fatto molto discutere in cui, da una parte ha denunciato di essere vittima di minacce ripetute online (la Procura ha poi aperto un’inchiesta) e, dall’altra, ha chiesto di lanciare una discussione “seria e serena” sul tema delle violenze in rete che troppo spesso non si riescono a perseguire.
Molti osservatori hanno criticato la seconda parte della proposta della Boldrini, anche per via di alcune forzature contenute nel titolo e nel sommario dell’articolo (che parlavano di “anarchia del web” e di “è tempo di fare una legge”). Segnaliamo qui alcuni degli interventi più interessanti, come quelli di Vittorio Zambardino, Arianna Ciccone e dell’avvocato Guido Scorza.
In realtà, come ha precisato via Twitter e via Facebook la stessa Boldrini, nell’intervista non si parla mai mai di “anarchia del web”, né di nuove leggi per il web.
Grazie per la solidarietà. Mai parlato di anarchia o nuova legge per web. Obiettivo è arginare la violenza contro le donne, anche in rete.
— laura boldrini (@lauraboldrini) 04 maggio 2013
Eppure tanto è bastato per scatenare un forte dibattito su “controllo del web” e necessità di nuove leggi, in quella che poi il giornalista Luca Sofri ha definito “anarchia delle news” (più che del web)
Quindi un giornale di carta ha creato un titolo con una frase inventata che viene ripreso da una rete televisiva e trasmesso in molti luoghi d’Italia, e tutta la Rete sta a discutere e criticare quella frase. Se non è anarchia questa, in effetti.
In tutto ciò, resta forte l’attenzione sul tema della violenza contro le donne, come dimostra anche il lancio della petizione online che chiede gli “Stati Generali contro la Violenza”.